giovedì 30 ottobre 2014

Send me a postcard, drop me a line.

Tutto partì da un tweet datato 28 Agosto 2014:


causato da quella mancanza di ansia durante le vacanze che mi ha accompagnato dai primi anni '90 fino al dilagare dei cellulari: "Devo mandare le cartoline".

Da piccola, durante i periodi vacanzieri, già ero proiettata verso la mia futura pena che mi accompagna tutti i giorni, ossia la sindrome della lumaca (portarsi la casa dietro). Ricordo ben distintamente, infatti, tra le mille cose da cui non potevo assolutamente separarmi e che era indispensabile avere, sia sulle spiagge assolate della Sardegna che sulle gelate piste da sci, un'immancabile agenda gigante ove annotavo gli indirizzi delle mie innumerevoli conoscenze di undicenne. 
Il risultato era la bancarotta quasi sfiorata dai miei per potersi permettere nove tonnellate di cartoline TUTTE UGUALI. Sì, perchè se tanto andavano a persone diverse che bisogno di sbattersi c'era a comprarle tutte diverse?
Questo mio imbruttitismo mi sorprende ancora assai a decine (ora ho un collasso) di anni di distanza.
Ovviamente tutto il tempo guadagnato veniva reinvestito nella scelta della cartolina più bella da spargere in giro per l'Italia.

Nel tempo, vuoi i cellulari che permettevano di essere sempre in contatto, vuoi l'adolescenza e la crescita, le cartoline hanno terminato di essere spedite, per la grande felicità del portafoglio di papà.

Io però ho sempre amato spedire la posta, una lettera, una cartolina. Più per il gesto in sè che per il contenuto (la scrittura non è mai stata il mio forte e tutti ancora ricordano con ilarità il mio "Tanti saluti, iaia" spedito alla mia migliore amica dei tempi).
Ho sempre avuto "amici di penna" incontrati in ogni dove, a cui scrivevo "Come stai? Come sta tuo fratello? Come stanno i tuoi genitori? Come sta il tuo cane?", il tutto però su bellissime carte da lettera che mi venivano regalate.

Il dramma di non spedire più niente si è un po' affievolito poi con le spedizioni di That's mine! ma -diciamolo- non è la stessa cosa.

Per cui, dopo la vacanza in Sicilia di quest'estate, mentre tornavamo su da Napoli a Genova IN MACCHINA, il mio piccolo cervellino elaborava un certo pensiero "Voglio spedire una cartolina. Voglio spedire una cartolina. Voglio spedire una cartolina"
E dove riversare i miei sciuocchi pensieri se non su Twitter?

Il mio disperato appello non è fortunatamente caduto nel vuoto. Altre drogate di mancanza di comunicazione scritta, affrancata e spedita come me hanno risposto con un "Manda pure a me" e i giochi sono stati fatti.
Alla prima occasione (un viaggio di lavoro) non ho perso tempo e ho comprato cinque cartoline, ovviamente tutte uguali, scritto alcuni discorsi profondissimi, sbagliandoli anche, spedito e...
E...
Atteso quasi un mese e mezzo.
Hanno fatto prima le altre a andare in vacanza, spedirmene una da Parigi e farmela arrivare.

La celeberrima cartolina da Parigi, spedita dopo e arrivata prima (in due giorni?), da parte di Laura.

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A Laura, la prima cartolina uguale.

A Sara, la seconda cartolina uguale
(notare il contrasto chiccheria Nordeuropea/folkloristica impostatura Mediorientale).


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A Annina, la terza cartolina uguale.

6 commenti:

  1. Viva le cartoline!
    È bellissimo ricevere posta. E anche inviarla.
    Comunque non sei un caso isolato, una mia amica da piccola mi mandava le cartoline con scritto solo "Ciao, Ele" o anche solo con la sua firma.

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  2. Sono del blog della Iaia, sono nel blog della Iaia!

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  3. Ciao, ti leggo spesso e oggi esco dall'anonimato :D Non ho mai perso l'abitudine di inviare cartoline alle amiche dal luogo vacanziero di turno, ma mi mancava il fatto di non riceverne molte... Volevo segnalarti il sito www.postcrossing.com, sono iscritta da quasi cinque anni ed è ormai diventata una droga quotidiana!
    "Saluti e baci"
    Veronica

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    1. Ciao Veronica!
      corro subito a vedere il link che mi hai scritto! chissà perchè mi incuriosisce già ancor prima di sapere di cosa si tratta :)
      "Tanti saluti"!

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